Psicoterapia Genova - articolo redatto da:
dott.ssa Maria Rosa Pomella - Psicologo Psicoterapeuta a indirizzo psicoanalitico.
Pratico la Psicoterapia, tramite il mio studio a Genova, seguendo fondamentalmente i princìpi della psicoanalisi freudiana.
Dopo l'anamnesi del paziente rivolgo l'attenzione alle ragioni profonde che possono determinare l'insorgere di precisi stati di disagio o sofferenza psichica.
Infatti, le cause di numerosi sintomi (depressione, stati d'ansia, crisi di panico, disturbi alimentari, vere e proprie patologie cliniche), oppure di svariate
difficoltà nella vita quotidiana (conflitti di coppia, difficoltà di rapporti, problemi sessuali, insuccessi scolastici e professionali) si devono ricercare
spesso non a livello attuale e contingente, ma a livello di ferite profonde e traumi precoci.
Spesso poi non si tratta di un unico trauma, che rappresenti la "chiave" del malessere, ma di un accumulo di microtraumi infantili.
L'Io cosciente tenta di fronteggiare il sintomo attraverso i meccanismi di difesa, ad es. rimuovendo la sofferenza e creando uno stato di "anestesia psichica", ma ciò determina un grave dispendio energetico e una certa rinuncia rispetto alle proprie possibilità.
La psicoterapia tende a modificare il corso di questo "destino" personale, attraverso un processo di conoscenza e trasformazione che utilizza le tecniche della psicoanalisi (sogni, libere associazioni, atti mancati), però integrate nel particolare rapporto emotivo (transfert) che si stabilisce tra analista e paziente.
Da tempo ormai il transfert, e la "resistenza" che vi è connessa, non sono più considerati un fatto negativo, ma un evento necessario, perché nel transfert si riproducono e attualizzano i traumi e i "fallimenti" relazionali precoci, permettendo così di superarli perché non più attuali.
È questa l'"esperienza emotiva correttiva": esperienza basata sull'ascolto analitico che mi piace chiamare "intuizione lirica del particolare", in quanto la
sofferenza del paziente è unica e particolare.
Lasciando riaffiorare "la maglia rotta", "l'anello che non tiene" (Montale) si ristabiliscono i collegamenti tra vita attuale e storia passata, aprendo
così la dimensione trasformativa.
È giusto però notare che non solo il trauma ("disordine e dolore precoce", Th. Mann) è responsabile del blocco e della sofferenza, ma a volte si tratta di un desiderio rimosso e negato.
Nel lavoro comune che svolgo col paziente, nel mio studio di Psicoterapia a Genova, tento di portare alla luce il dolore e insieme l'Io desiderante (potenzialità rimosse, risorse non utilizzate).
Ma quanto dura questa "esperienza condivisa" (v. L. Nissim Momigliano)?
Naturalmente i tempi sono profondamente soggettivi: spesso analista e paziente avvertono in modo sincrono quando è possibile concludere il processo:
abbandonare l'"utero" analitico per affidarsi al mare aperto della vita.
Nessuno ormai crede più all'"analista-specchio", all'analista "che fa il morto a bridge" (come diceva Lacan).
L'analista partecipa attivamente alla seduta, con la parola e con il silenzio: è impegnato con tutta la sua emotività.
La sua è una presenza sottile, non soverchiante: è un analista "ben temperato", capace di contenimento.
Io, nel mio studio di Psicoterapia a Genova, aderisco a una visione intersoggettiva, che vede l'analisi come "campo bipersonale" (Baranger, Ferro e aa.vv.):
Nasce una storia condivisa, cerco di aiutare il paziente a non essere schiacciato dalla sua storia, ma a ritesserla e riattualizzarla.
Mi impadronisco di questo bellissimo titolo (un endecasillabo!) del romanzo di Lalla Romano.
Nel "viaggio analitico" analista e paziente in analisi attraversano una penombra; non un'ombra densa e minacciosa, perché gli incubi del passato sono vivificati dalla parola e dall'interpretazione.
Prendo a prestito quest'altro titolo bellissimo (un novenario) di un altro romanzo di Lalla Romano (sul difficile rapporto dell'autrice con suo figlio).
Le parole sono la nostra grande risorsa: però devono essere "leggére", tessere una trama impalpabile.
Nei rapporti si soffre in modo indicibile soprattutto quando non si parla. Il rapporto analitico è intessuto di silenzi e parole, parole che a volte possono
sembrare infime, insignificanti (le parole delle libere associazioni), eppure compongono una lingua nuova, che aiuta a illuminare le troppe cose non dette,
il buio dell'inconsapevolezza e dell'incomprensione.
Questa volta rubo un titolo di Auden (uno splendido endecasillabo!).
La persona in analisi deve arrivare alla "verità sull'amore": scoprire la realtà e il peso dei suoi sentimenti, spesso oscuri, stravolti, aggrovigliati.
Si ama e si crede di odiare. Si fugge e si desidera.
La verità sull'amore è la più ardua da scoprire. Spesso è una lingua perduta fin dall'infanzia.
Questo è il difficile e magnifico compito dell'analisi che svolgo quotidianamente, attraverso la Psicoterapia, nel mio studio a Genova.