Depressione Genova
Dott.ssa Maria Rosa Pomella - 010.2512495 - 338.5251589

Depressione Genova

Disturbi dell'umore - Depressione Genova - dott.ssa Maria Rosa Pomella

La dott.ssa Maria Rosa Pomella è Psicologo e Psicoterapeuta e si occupa di disturbi dell'umore tra cui depressione a Genova.

Depressione

Erica viene a trovarmi nel mio studio a Genova per parlare della sua depressione ciclica.

È una donna energica, un'insegnante appassionata, abile fotografa e amica incomparabile: ritrovarsi a casa sua, una casa antica del centro storico, per memorabili cene (Erica è un'ottima cuoca) è un appuntamento irrinunciabile per tutta una schiera di amici.

Eppure questa donna abbastanza realizzata è vittima a volte di un'angoscia senza nome, che la artiglia dentro e le toglie la voglia di vivere.
Allora si rintana, non cerca nessuno e sprofonda nel malessere. Non cerca nessuno (dei numerosi amici) per orgoglio, pudore, ma soprattutto paura del rifiuto: paura di sentirsi debole e bisognosa, di perdere lo smalto di incomparabile amica.

Erica non ha relazioni sentimentali: due "fallimenti" l'hanno spezzata dentro.
Non ha figli: ha avuto ben tre aborti perché non si sentiva in grado, non si sentiva degna né capace di generare qualcosa di vivo, con tanta morte dentro.

Cominciamo a raccontare la sua storia: lei racconta, la ripercorriamo insieme.
I genitori sono morti: ha avuto un padre amatissimo e una madre che non è riuscita ad amarla e che E. non ha saputo amare.
Era una donna fredda e "lunatica".

Il primo sogno che E. racconta è questo: "Viaggiavo dalla terra alla luna per ritrovare mia madre. Percorrevo una specie di tunnel spaziale. Appena sbarcata sulla luna, mi veniva incontro mia madre con un coltello in mano. Tornavo indietro nel tunnel e tornavo sulla terra. Lì mi veniva incontro mio padre a braccia aperte".

Resto agghiacciata dalla visione di questa madre "lunatica" col coltello in mano, e respiro sentendo che il padre ha accolto E. a braccia aperte.
Mi rendo conto che la piccola E. ha dovuto andare "sulla luna", ripercorrendo all'indietro il cordone ombelicale, per cercare sua madre, e questa madre algida teneva un coltello in mano (forse già prima della nascita). Ogni tanto E. torna "sulla luna", quando piomba nei suoi stati di assenza.

Come viene percepita l'analista? Al più piccolo rifiuto, come la madre col coltello in mano.
Ma deve stare attenta anche a modulare l'accoglienza, perché E. diffida e ha paura.

La prima parte dell'analisi è dedicata soprattutto alla madre.
Un rapporto difficile: le ribellioni giovanili di E., il suo grande amore osteggiato dalla madre, le fughe all'estero; poi, la demenza senile della madre, la casa di riposo, la morte durante un viaggio della figlia.

Data l'intensità del racconto, mi sembra di ascoltare una storia d'amore implicita e mai vissuta.
Se è difficile il lutto per una madre amata, è molto più difficile per una madre che non si è potuta amare.
Il senso di colpa avvolge tutto: quel viaggio all'estero durante l'ultima malattia della madre è stato certo una fuga inconsapevole.
Mesi di depressione scandiscono questa spietata ricognizione del passato.
E. ha bisogno di ricordare (con un testimone, l'analista), ma non riesce a perdonare né la madre né se stessa.

La prima forma di perdono sarà la possibilità di un incontro d'amore.
Il grande amore di E. era stato vissuto come ribellione alla madre, oggetto di liti furiose, brandito come una bandiera di indipendenza e anticonformismo: la convivenza con un uomo sposato, il rifiuto di avere figli.
Quell'amore era fallito; erano seguiti incontri deludenti, e ora Erica si stava privando dell'amore per un'oscura espiazione, un'offerta postuma a sua madre.

Invece, incontra Giovanni; un uomo abbastanza estroso e "lunare" per non spaventarla con una vicinanza eccessiva, ma anche abbastanza affettuoso da poter vincere le sue difese.
La relazione comincia dopo circa un anno di analisi e attraversa fasi alterne.
E. rifiuta la convivenza: vivranno in case separate.
Ora la vita è più ricca, ma la depressione non cede: è ciclica, e si ripresenta al piè piccolo rifiuto.

La condizione di single è stata scelta con orgoglio femminista, eppure è intollerabile.
Appena E. si stacca dalle amiche, dagli allievi e dal fidanzato viene colpita da "una mazzata di solitudine".
Entra nella sua bella casa antica e viene sommersa dal disordine.
Per questo disordine si odia, con la sua solita ferocia: ne emerge un pò quando le racconto la favola di Psiche che, come prova iniziatica, deve raccogliere "un pezzettino per volta". Erica non ci riusciva per la sua grande frammentazione interna, per l'odio contro se stessa.

La casa è in ordine solo quando E. deve dare le famose cene: "non lo faccio per me" - dice con odio - "lo faccio per essere amata!".
E che c'è di male nell'essere amata?
Evidentemente c'è qualcosa di terribile, visto che E. non è stata amata dalla madre e non è riuscita ad amarla.
Lo scoglio è sempre quello si aspira a un'autonomia impossibile e non si accettano i propri bisogni.

Io stessa do una grossa delusione a E. quando rimango incinta.
E. fa fatica a "perdonarmi", divisa tra la gelosia, l'invidia che non può ammettere e il ricordo dei suoi aborti. Quegli aborti erano forse sacrifici fatti a una madre (interna) spietata: E. si puniva del suo odio, si vendicava di esser stata rifiutata rifiutando.
Ora è il momento di perdonarsi, ma anche di accettare che non tutto può essere ricuperabile: sua madre è morta ed E. non avrà più figli.
Però il lutto non può essere eterno.

La nuova relazione, la passione per il suo lavoro (E. è un'ottima insegnante, adora gli adolescenti), le piccole e preziose cose quotidiane che "Psiche" riesce a raccattare sono punti di forza.

Ma c'è un'ulteriore prova: una grave malattia.
È come se tutta quella pesante depressione si fosse concretizzata: in un nodulo.
"Io mi faccio del male, mi faccio del male!", dice E. furiosa battendosi il petto nei suoi accessi di odio.
Provo a mostrarle una cosa nuova: la pietà per se stessa. Soffre così tanto e non ha nessuna pietà... è ingiusto.
È il senso di colpa che sommerge tutto.


Evoluzione e conclusione del caso di "depressione" che ha portato Erica nel mio Studio a Genova.

E. lotterà contro la malattia come una leonessa.
Si renderà conto del feroce desiderio di vivere annidato sotto la depressione: "ma come potevo dire: voglio morire!".
Imparerà a ricostruirsi pezzettino per pezzettino, come la Psiche del mito che raccoglie le briciole.

Un giorno mi inviterà a vedere la sua casa nuova.
È una casa molto poetica, c'è un giardino fatto fiorire sul terrazzo.
E. non si sente più così sola. Continua a vivere da single, ma non ha più un coltello dentro.
Riesce a credere a tutto, l'amore dato e ricevuto, e a fare pace con quello perduto o impossibile.

Depressione Genova: Contatta la dott.ssa Pomella

Nome e Cognome
Mail (obbligatorio):
Telefono:
Domanda o richiesta:

Disturbi dell'umore - Depressione Genova - dott.ssa Maria Rosa Pomella