La dott.ssa Maria Rosa Pomella, nel suo Studio a Genova, si occupa di fobie e disturbi d'ansia.
Stefano soffre di intense fobie centrate sul corpo, così intense da somigliare a un lucido delirio.
Avverte vari doloretti migranti in varie parti del corpo e si precipita dal medico di base il quale, disperando ormai della propria capacità persuasiva, gli
concede le più svariate indagini diagnostiche.
Lo fa perché è impotente a frenare un'ansia parossistica, gli prescrive psicofarmaci, ma per fortuna gli raccomanda anche una psicoterapia.
Così Stefano avrà un'altra vittima per i suoi attacchi d'ansia: l'analista, oltre a genitori, amici e medico di base.
Tuttavia, il "delirio" di Stefano è lucido perché una parte di lui sa sempre che tutto si svolge nel teatro dell'immaginazione.
Stefano non è, o non si crede, perennemente malato: negli intervalli è un ragazzo sanissimo, sportivo, pieno di vita.
In passato ha subito un paio di operazioni ed è stato costretto a una lunga convalescenza; ha affrontato tutto con molta forza d'animo, riuscendo anche a
dare la maturità poche settimane dopo l'intervento.
È sopravvenuta però, subdolamente, un'"ansia d'attesa" per cui a volte Stefano vive aspettandosi la prossima tragedia.
Non è facile lavorare su una forma di pensiero molto concreta per cui "basta pensare a una malattia" e subito se ne avvertono i sintomi.
L'analista prova a far notare a Stefano che i suoi sintomi sono capricciosi, migranti: a volte mal di cuore, a volte un crampo alla schiena, a volte un dolore
misterioso a un testicolo.
La malattia è proteiforme: è dovunque e in nessun luogo, perché è solo nel pensiero.
A questo punto però Stefano sferra l'attacco decisivo e si concentra - anziché su varie parti del corpo - sul respiro.
Ha la sensazione di doversi concentrare, per respirare: il respiro non è più automatico, involontario; quindi può cessare all'improvviso.
Subentra un senso di morte imminente (analogamente, una paziente, Mara, pensa di doversi concentrare per deglutire).
Stefano rischia di chiudersi in casa e mettersi a letto, tanto è acuto il senso di morte imminente: "mi resta un mese di vita", dice disperato nelle sedute
a cui si trascina.
Inutile fargli notare che fa una vita quasi normale, a parte la rinuncia a ogni attività sportiva e qualche giorno di forzata reclusione; "mi resta un mese di vita...",
ripete Stefano testardo. Le settimane si sgranano... "Sono sei mesi che le resta un solo mese!", esclama una volta l'analista disperata.
Il punto di svolta nel caso di "Fobia" portato da Stefano in Studio a Genova.
Sembra impossibile, ma questa banale osservazione è una rivelazione per Stefano. Gli restituisce il senso del tempo.
Il tempo era sospeso durante il delirio di morte imminente. Ora riprende a scorrere, il respiro torna a fluire.
La storia non è finita, Stefano resterà a lungo ipersensibile di fronte alle vicende del corpo, ma ora sa che deve temere di più l'onnipotenza del pensiero.
Anche Giulio soffre di fobie corporee, centrate sulle malattie veneree.
Giulio è dedito alla frequentazione ossessiva di prostitute; però sembra quasi che le sue ossessioni erotiche siano solo il preliminare o la scusa per accertamenti diagnostici infiniti. Basta una pustolina, un herpes per scatenare giorni di delirio; a volte, Giulio si esamina il corpo con una lente.
Cerca il piacere, o l'angoscia? L'angoscia può essere una droga potente.
Una fobia molto dolorosa, e diffusa, è la fobia degli esami.
Jacopo è un piccolo genio nel campo della fisica teorica. Ha avuto un percorso universitario brillante, ma si è arrestato alle soglie della laurea.
La tesi è virtualmente pronta, ma Jacopo non riesce ad assemblarla; il professore gli ha promesso un posto come ricercatore, e quasi lo supplica ci sarà per laurearsi.
Ben due compagni di corso hanno costruito la propria tesi di laurea su appunti concessi da Jacopo ed estrapolati dalla sua tesi.
Ma Jacopo non riesce, non può. Perde gli appunti, cancella per errore il testo affidato al computer, si rende conto delle sue manovre, fissa date virtuali
per ingannare sia il professore sia l'analista...
Che cosa gli impedisce di concludere? È un nodo oscuro, doloroso.
Jacopo appartiene a una famiglia di professionisti: padre pediatra, madre insegnante: la quintessenza della cura, corpo e mente.
Il livello delle attese è molto alto, ma le dinamiche sono gentili, felpate.
Jacopo è convinto che il padre, primario, si aspetti troppo da lui, nello stesso tempo pensa di aver avuto (lui, primogenito) troppi vantaggi rispetto al
fratello minore.
La sua è una lotta contro il padre, e insieme un sacrificio della primogenitura.
Jacopo non si è mai ribellato.
Quale soluzione alla "Fobia" con la quale Jacopo è venuto in Studio a Genova?
Prendere coscienza della propria aggressività verso il padre (inattaccabile, perché così buono e comprensivo e insieme, così arroccato nel suo successo) lo può certamente aiutare. Così come prendere coscienza dei suoi sensi di colpa verso il fratello.
In seguito al cambiamento di Jacopo, ci saranno momenti molto tesi in famiglia.
Esplode una drammatica telefonata del padre all'analista: "posso togliere il saluto a mio figlio?".
La madre, insegnante, contribuisce a bloccare il figlio con la sua gelida perfezione.
La laurea del fratello minore sblocca un pò la situazione. Jacopo ha ceduto la primogenitura...
Ma il suo vero successo è farsi assumere per una prestigiosa attività di ricerca, all'estero, mentre è ancora provvisoriamente senza laurea.
A questo punto è riuscito a giocare tutti: le ansiose attese dei genitori, ma anche la partita aperta dell'analisi, visto che dovrà trasferirsi
all'estero.
Ma potrà laurearsi, senza dubbio, perché è già andato "oltre" la laurea.
Con i sintomi, a volte, occorre giocare d'astuzia!